Quella che qui propongo è una lista di brani che richiedono una certa padronanza tecnica e armonica per cui si addicono ai musicisti più avanzati, ovvero ai “pro”.
Sono brani affascinanti, ma di una certa difficoltà, può dipendere da una struttura armonica complessa, da modulazioni più o meno usuali in più tonalità o dal tempo veloce con cui viene suonato il brano. Nel definire i 10 standards jazz da pro le alternative sono molte, ma mi limito a citare quelli che ritengo più diffusi tra i musicisti pro.

1] Dolphin Dance

herbie hancock wayne shorter

Herbie Hancock e Wayne Shorter

Composto dal grande pianista Herbie Hancock è contenuto nell’album “Maiden Voyage” di Hancock, datato 1965.

La melodia cantabile si inerpica su una moltitudine di cambi armonici, molti dei quali sono del tipo II-V o II-V-I.

Come per gli altri standard avanzati, questo brano richiede una buona comprensione e memorizzazione dell’armonia per accompagnare o improvvisare in modo creativo. Oltre all’uso del modo lidio dominante su alcuni accordi possiamo trovare nel finale uno spunto modale. Dopo l’esecuzione di Hancock molti musicisti di talento si sono misurati e continuano a farlo con questo che è divenuto uno standard del jazz moderno.

2] Cherokee

È il brano più datato di questa lista, è stato scritto da Ray Noble nel 1938. È uno degli standard jazz più popolari e su di esso si confrontano generazioni di musicisti. Le due versioni di Tal Farlow (The Artistry of Tal Farlow, 1954) e di Pasquale Grasso (Solo Standards, 2020) danno l’idea di come questo brano abbia attraversate le epoche.

La struttura armonica AABA non è di per sé particolarmente complessa, ma la velocità vertiginosa con cui si suona questo brano  richiede una notevole abilità tecnica nell’improvvisazione. “Cherokee” rappresenta una scelta comune nelle jam session e nelle performance jazz in generale. Un vero must nel repertorio jazz da pro.

3] Giant Steps

John Coltrane

John Coltrane

All’apice del suo periodo tonale il leggendario sassofonista John Coltrane produce una pietra miliare del jazz che si distingue per la sua armonia innovativa e complessa. L’armonia si muove su tre tonalità equidistanti, a distanza di terza maggiore. Le cadenze usate sono molto semplici, II-V, II-V-I ma la velocità di esecuzione e le repentine modulazioni ne fanno uno dei brani più impegnativi nel repertorio jazz. La sua geometricità tonale rendono l’improvvisazione difficile, ma al contempo stimolante. Giant Steps è una tappa obbligata nel percorso di formazione di tutti i musicisti di jazz.

4] Moment’s Notice

Un altro brano composto da John Coltrane, registrato per la prima volta nel 1957 nell’album “Blue Train”.

Il brano presenta una struttura armonica complessa, anche se non troviamo cadenze particolarmente “esotiche” gli accordi cambiano rapidamente e sono interessate diverse tonalità.
Per i suoi tempi veloci improvvisare su di esso costituisce per il musicista una sfida tecnica.
Inconsueti sono i II-V che salgono cromaticamente della prima-seconda misura e della quinta-sesta.

5] Whisper Not

Questo brano del sassofonista e compositore Benny Golson è in tonalità minore con un interessante movimento di bassi che fanno da transizione dalla tonalità di Do minore a quella di Sol minore e poi a quella di Re minore.

Benny Golson scrisse questo pezzo in soli 20 minuti e lo registrò la prima volta nel 1957 (“Benny Golson’s New York Scene”). Nella versione originale nella ripresa del tema le sezioni AA sono sostituite una sezione speciale che prepara l’entrata della B.

Jim Hall aveva una predilezione per questo brano, oltre che suonarlo nei suoi live lo ha registrato in due dei suoi album: Big Blues -1979 (Art Farmer & Jim Hall), By Arrangements – 1998.

6] Very Early

bill evans

Bill Evans

A Bill Evans piaceva comporre e suonare quelli che in gergo si chiamano i “jazz waltz”, ricordiamo su tutti “Waltz for Debby”. Con “Very Early” la naturalezza della linea melodica del tema ci conduce attraverso armonie sofisticate e ardite senza forzature, con la massima musicalità. Già nelle prime nove battute passiamo dalla tonalità di Do maggiore a quella di Mib, di Reb e, tornando per Do maggiore, si va a Re maggiore.

Da segnalare la poetica versione di Stan Getz in “Pure Getz” (1982) e la suggestiva versione nell’album “None Too Soon” di Allan Holdsworth (1996), dove il tema viene eseguito dal basso fretless di Gary Willis.

7] Inner Urge

La title track dell’album “Inner Urge” è considerata uno dei capolavori di Joe Henderson. Il brano può essere considerato modale visto che non c’è una vera connessione tonale tra gli accordi. Sono presenti due parti distinte che creano contrasto, nella prima abbiamo un ritmo armonico largo di 4 misure dove abbiamo la possibilità di improvvisare in modo estensivo sul modo corrispondente, nella seconda i cambi avvengono ogni battuta e quindi tenderemo maggiormente a mettere in evidenza le note dell’accordo cercando di collega in maniera melodicamente fluida un accordo all’altro. Da sottolineare la prevalenza degli accordi maj7, spesso intesi con l’estensione #11, che porta a suonare il modo lidio.

8] Fee Fi Fo Foum

Scritto dal grande Wayne Shorter, il brano è tratto dall’album “Speak No Evil” del 1966.

Jaco Pastorius: Invitation album

Jaco Pastorius: Invitation album

È un esempio del suo stile compositivo, l’impressione è quella di una struttura abbastanza canonica, vagamente bluesy, ma l’uso di alcuni passaggi armonici rendono unico il brano. L’improvvisazione offre quindi possibilità espressive originali, ma con un occhio alla tradizione.

9] Invitation

Il tema proviene dal film “Invitation” (1952), scritto da Bronisław Kaper, lo stesso compositore di “On Green Dolphin Street”. Le armonie sono nella prima parte di stampo modale per poi offrire delle cadenze tonali. Molti degli accordi richiedono sonorità derivate dalla scala minore melodica, ipoionico e lidio dominante su tutti.

Come non ricordare la versione del geniale Jaco Pastorius del 1983 con la sua “Word of Mouth” big band.

10] Well You Needn’t

thelonius monk

Thelonius Monk

Non poteva mancare un brano di Monk, “Well You Needn’t” è uno dei suoi brani più noti e maggiormente suonati. La struttura AABA presenta un’armonia imperniata per lo più su accordi di settima di dominante che si muovono cromaticamente. È curioso osservare come siano diffuse due versioni dello stesso brano, oltre a quella originale di Monk, c’è la versione resa famosa da Miles Davis, quella contenuta nel primo Real Book. Queste due versioni differiscono principalmente per gli accordi nella sezione B e per qualche nota diversa del tema.
Nel caso di jam session è bene accordarsi prima su quale delle due suonare.

 

 

In conclusione queste sono alcune fra le scelte più popolari nello stilare un elenco di 10 standards jazz da pro. Da ribadire che questi brani non sono per tutti, sono per musicisti abbastanza avanti con la comprensione dei concetti jazzistici e con la tecnica sul proprio strumento. Se siete degli apprendisti del jazz e sfogliando gli spartiti di questi brani trovate questi brani troppo impegnativi sarà bene riferirsi ai 10 standards jazz da cui iniziare.